Più AI, meno QI: l'intelligenza artificiale ci rende più stupidi?

L’AI non ti frega il lavoro, ti frigge il cervello. Ecco cosa dice il MIT - no, non il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti di Salvini.

Your Brain on ChatGPT: L'intelligenza Artificiale ci sta rendendo più stupidi?

Lo so. Da quando hai iniziato a usare ChatGPT non riesci più a farne a meno. Si parte da un’email delegata, e nel giro di poco non scrivi più nulla senza l’AI. Messaggi di auguri, post su Instagram, forse presto persino il diario. E pian piano, ti inizi a sentire più stupido, più incapace. Ma perché succede?

Scrivere è pensare

Per scrivere devi capire, e mentre scrivi sei costretto a riflettere. Una volta, una lettera o un libro andavano stesi a mano o, successivamente, con la macchina da scrivere: ogni parola doveva essere pesata e pensata, perché correggere era complicato - immagina Proust mentre scriveva, rileggeva e correggeva migliaia e migliaia di pagine a mano, con la penna. A proposito, te la ricordi ancora la penna, la biro? O non la utilizzi dalle superiori? Male! Scrivere a mano è più salutare di quel che pensi: ad affermarlo sono diversi studi.

Comunque, dagli anni '70 la diffusione massiccia dei personal computer ha reso il refuso recuperabile, l'errore reversibile: bastano pochi click per cancellare e riscrivere interi paragrafi. Con l'arrivo dei social network e la messaggistica instantanea, la scrittura è diventata sempre più sintetica; fino al lancio dei vocali di WhatsApp nel 2013 - quegli audio che durano quanto un podcast, per dire quello che si poteva riassumere in due righe di testo. Ma si sa, pensare è diventato più difficile. Tant'è che oggi, con l'AI, se ne fa volentieri a meno.

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Dalla dieta mediatica alla bulimia digitale

Abbiamo visto ciò che scrivi, cioè poco, ma prima di parlare di intelligenza artificiale soffermiamoci invece su quello che guardi ogni giorno. E sì, diciamo “guardare” e non “leggere”: leggere non lo fa quasi più nessuno. Al massimo un WhatsApp - ma se sei arrivato al quarto paragrafo di questa newsletter, chapeau.

La società è passata dalla carta stampata alla radio, poi alla TV, al web, a YouTube e infine a TikTok. Ogni step, contenuti sempre più brevi, progettati per stimolare la dopamina e quindi l'assuefazione (Nir Eyal lo spiega bene). Siamo drogati: altro che fentanyl, questa è la vera epidemia di zombie. Automi che scorrono TikTok dopo TikTok e si soffermano su storie brevi, magari non troppo complesse, perché non hanno sbatti. È così che i video dei Compro Oro che annusano, ascoltano o mordono il malloppo sono diventati virali. Questa è la tua nuova dieta mediatica. E come con il cibo spazzatura, se ti nutri solo di schifezze… diventi schifezza.

Vivi in un ecosistema digitale pensato per distrarti - pensa alle notifiche che ricevi, al telefono che si illumina e ti chiama a sé. Cal Newport, esperto di produttività, ne parla nel suo best seller Deep Work. E non è un caso se alcuni studi hanno associato l'utilizzo dello smartphone ai sintomi dell'A.D.H.D. negli adolescenti, mentre altri studi mostrano che i bambini esposti a più di due ore al giorno di “screen time ricreativo” hanno meno memoria, tempi di elaborazione più lenti, meno attenzione, peggiori abilità linguistiche e funzioni esecutive ridotte rispetto ai coetanei meno connessi.

Le maestre hanno già iniziato a prescrivere meno compiti o libri interi da leggere - ormai è diventato troppo difficile. Immagina ora che quei compiti a casa o l'odiato riassunto del libro lo può fare un chatbot per te.

L'intelligenza artificiale ti renderà più stupido?

Delegando la scrittura deleghiamo anche il pensiero. Questo non lo dice Stupidologia (con un nome del genere, chi ci potrebbe mai credere?) ma il MIT. No, non il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti di Salvini ma il Massachusetts Institute of Technology che, qualche mese fa, ha rilasciato uno studio neuroscientifico molto discusso: "Your Brain in ChatGPT".

Gli esperimenti condotti mostrano che chi si affida ciecamente alle risposte dei modelli tende a perdere spirito critico e capacità di problem solving. La mente si adatta: se non deve fare lo sforzo, smette di farlo. Proprio come un muscolo che si atrofizza senza allenamento.

È la cosiddetta voglia di non fare un cazzo (termine scientifico), alimentata dal automation bias: la tendenza di fidarci ciecamente di sistemi automatizzati, anche quando possono sbagliare ("basta che non lo faccia io").

In soldoni, il MIT suggerisce di utilizzarla bene questa intelligenza artificiale. Vale a dire mantenere un atteggiamento critico, utilizzando il chatbot come un supporto e non come l'Oracolo di Delfi.

Forse l'AI non ti renderà più stupido, ma solo più tonto (leggi qui).